Palermo, 24 Maggio 2018

Il contesto socio-economico del paese è tale che la questione abitativa è diventata una vera e propria emergenza nazionale.

La situazione dei nuclei familiari più deboli si è infatti aggravata a causa della prolungata crisi economica e si è allargata la fascia delle famiglie non più in grado di acquistare un’abitazione né di affrontare canoni di locazione che risultano troppo gravosi.

Cresce la domanda d’affitto soprattutto da parte di nuove fasce (giovani coppie, stranieri, studenti, anziani, single) ed è una domanda povera, da parte di chi ha redditi bassi o medio bassi, una domanda a cui non corrisponde un’offerta adeguata. E’ questa quella parte di popolazione che potrebbe avere una risposta solo dagli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ma le politiche pubbliche messe in campo sulla questione abitativa sono insufficienti e inadeguate.

Nonostante infatti sia evidente che la crisi ha tolto al ceto medio gran parte di quella propensione al risparmio ed all’investimento immobiliare che lo aveva reso una componente essenziale del blocco edilizio e che la domanda emergente è quella d’affitto, i governi, anche l’ultimo non fa eccezione, hanno continuato a varare misure che in qualche modo hanno premiato l’acquisto di un’abitazione.

Alcuni numeri forse possono servire a fotografare una situazione complessa: sono più di un milione e mezzo le famiglie che hanno bisogno di una casa, mentre il patrimonio di edilizia abitativa non supera le 850.000 unità immobiliari, patrimonio che tende a ridursi per i processi di vendita (dal 1993 è stato perso il 22% del patrimonio per la dismissione dello stesso) ed ha i tassi di turn over molto bassi. Solo il 5% della popolazione in Italia usufruisce di un alloggio pubblico in affitto.

Ma la domanda di una casa popolare con canoni sostenibili è sicuramente maggiore se consideriamo che il lavoro povero e precario interessa gran parte della popolazione e che i mutamenti sociali, demografici e migratori creano nuovi bisogni.
Eppure il patrimonio di edilizia pubblica continua a depauperarsi e l’investimento pubblico del settore è pressoché azzerato.

Mentre infatti in molti paesi europei si investono somme che superano il 3% del PIL, in Italia con la definitiva cessazione della Gescal è venuto meno anche quel finanziamento certo pari all’1% del PIL che se pur non sufficiente ha comunque permesso la realizzazione di uno stock significativo di alloggi pubblici.

E’ quello dell’edilizia pubblica un obiettivo ormai irrinunciabile, a maggior ragione in una fase in cui le politiche messe in atto per creare alternative valide hanno mostrato tutte la loro fragilità ed inefficacia.

Parliamo del social housing realizzato dai privati con cospicui finanziamenti pubblici che potrebbe costituire una soluzione solo per una percentuale marginale della popolazione. I risultati raggiunti in questo ambito, pur eccellenti in termini di nuove forme abitative, dal punto di vista della sostenibilità dei canoni mostrano la loro inefficacia. Gli effetti di questo tipo di interventi, nonostante siano ancora difficili da valutare per via dell’immaturità delle esperienze, sono marginali dal punta di vista quantitativo e scarsamente incisivi sul piano sociale.

Per questo riteniamo necessario che il settore dell’edilizia pubblica goda di un finanziamento costante e continuo utile per rilanciare il settore e incidere positivamente sull’occupazione in edilizia.
Sempre sul fronte dei finanziamenti è utile sottolineare che la Commissione europea ha indicato come possibile fonte di finanziamento le risorse del fondo sociale europeo, fondi a cui possono sommarsi le risorse messe a disposizione dai piani operativi nazionali dedicati allo sviluppo sostenibile e all’inclusione sociale.

Peccato che la regione Sicilia nonostante le gravissime criticità in tema di disagio abitativo abbia deciso di destinare all’incremento ed alla riqualificazione del patrimonio pubblico abitativo somme troppo esigue.
Di più è stato fatto con i piani operativi nazionali PON METRO e PON INCLUSIONE, anche se i risultati degli interventi programmati sono ancora al di là del divenire. Lo stesso dicasi per i Fondi stanziati per le periferie non sempre destinati ai quartieri popolari.

Questo quadro d’insieme sull’episodicità dei finanziamenti e sulla complessità della loro destinazione rafforza la scelta della richiesta di un finanziamento certo regolare e continuo dell’edilizia residenziale pubblica.
Se quello dell’ampliamento dello stock di alloggi di edilizia pubblica è un obiettivo irrinunciabile per i firmatari del documento, non meno importante è il tema della riqualificazione del patrimonio e della sua gestione.

E’ un patrimonio quello abitativo di proprietà pubblica in cui la qualità dei materiali e delle tecniche costruttive ha risentito della scarsità dei finanziamenti e di scelte politiche non sempre finalizzate al benessere della comunità.
A questo va aggiunto il dato che gran parte del patrimonio ha almeno trent’anni e che la percentuale di edifici e di alloggi che necessita di manutenzione straordinaria è molto alta particolarmente in quelle regioni come la Sicilia che hanno abbandonato da tempo il patrimonio erp e in cui le scelte politiche sono stata indirizzate ad incentivarne la svendita.

Sul tema della riqualificazione del patrimonio alcune delle richieste contenute nel documento, dopo un sostenuto pressing da parte delle nostre organizzazioni, sono state accolte nell’ultima finanziaria: come la possibilità per gli enti gestori di alloggi di erp di poter godere delle detrazioni per l’efficientamento energetico e per la messa in sicurezza sismica. Non è un risultato da poco ma i tempi sono stretti e sono ancora troppi i territori dove non è stata ancora assunta alcuna iniziativa. Il problema continua ancora una volta ad essere molto grave per la Sicilia, regione in cui si dovrebbe fare tesoro di ogni possibilità di finanziamento data la condizione del bilancio regionale.

Anche sui temi della gestione la convergenza tra le OO.SS. è stata ampia, a partire dalla necessità di contrastare l’abusivismo anche incrementando l’offerta e di abbattere la morosità. Ma proprio sul tema dell’abusivismo su cui in questi giorni abbiamo registrato il pessimo intervento dell’assemblea regionale siciliana che ha approvato un’ampia sanatoria al di fuori da qualsiasi progetto di riforma, non possiamo che sottolineare le pesanti ingerenze della criminalità in questo mercato parallelo, ingerenze che richiedono una stretta collaborazione tra gli Enti locali, le Prefetture, gli Enti gestori e le OO SS.

Altro aspetto che merita un approfondimento e richiede un intervento normativo è la definizione chiara della missione degli Enti che oggi si dibattono tra problemi di pareggio di bilancio e di assistenza alle fasce di inquilinato più deboli. Quest’ultimo aspetto rischia di essere quello più sacrificato e lo dimostra l’aumento dei canoni applicato da molti degli enti gestori che lo decidono in base alle loro esigenze finanziarie. Su questo il Sindacato è più volte intervenuto rivendicando l’aggancio del canone al reddito della famiglia.

I direttivi unitari ribadiscono la ferma contrarietà ad una sanatoria come quella varata dall’Ars che perpetua mali e vizi di un sistema e chiedono al contrario con forza il rilancio dell’edilizia abitativa pubblica indispensabile anche nella nostra regione attraverso un’attenta e intelligente riforma che non si limiti a disegnare l’architettura degli enti ma guardi al buon vivere dell’utenza e alla salvaguardia del patrimonio. Che questo tema, che sta da anni al centro della nostra vertenzialità regionale, venga affrontato mentre ferve il dibattito nazionale sulle sorti dell’edilizia residenziale pubblica e sul modo di riproporne l’attualità e la sua natura di bene comune è sicuramente un’opportunità che va colta e affermata. Si propone che si avvii un confronto sul tema del diritto alla casa per i ceti sociali meno abbienti e/o in difficoltà e alla qualità del vivere e dell’abitare nei quartieri erp. Bisogna avere l’ambizione di delineare un nuovo modello di abitare sociale guardando anche alle migliori esperienze già realizzate sul territorio nazionale, per sconfiggere quell’inerzia e quel blocco d’interessi che fa della Sicilia l’unica regione in cui, nonostante le pesanti disfunzioni del sistema, non sia mai stata varata una riforma dell’attuale sistema. La Sicilia potrebbe così dare un deciso contributo alla vertenza nazionale con una RIFORMA che a nostro avviso non può che basarsi su:

– la costituzione dell’osservatorio regionale sulla condizione abitativa previsto dalla 431/98 e mai attuato, strumento indispensabile per una efficace politica abitativa.
– Il finanziamento certo e continuo del settore da prevedere annualmente nel bilancio regionale.
– Il rilancio del settore con il definitivo superamento dei piani di svendita.
– L’elaborazione a livello regionale di un programma annuale di riqualificazione del patrimonio utilizzando le diverse fonti di finanziamento con l’obiettivo prefissato sia del graduale recupero di tutto il patrimonio abitativo sia dell’acquisizione di altro patrimonio pubblico riqualificato e destinato all’abitare sociale.
– La riunificazione della gestione di tutto il patrimonio pubblico (Comuni, Stato, Regione ecc.) in un determinato territorio in capo ad un unico ente.
– La rivisitazione delle norme e dei regolamenti su canoni, morosità incolpevole, mobilità, accesso, auto riqualificazione, autogestione, permanenza, decadenza.
– La definizione delle carte dei servizi, della mediazione abitativa e delle commissioni paritetiche per i diritti degli utenti.
– Il decentramento della gestione dei servizi e il potenziamento del coordinamento regionale per la programmazione delle politiche e per le linee l’indirizzo.
– Il coinvolgimento degli enti locali di un determinato territorio nelle politiche abitative.
– La previsione di un lavoro sinergico tra ente gestore e comuni nel sostegno degli utenti con forte disagio socio economico a partire dall’attivazione dei progetti di housing first.
– La definizione di corrette relazioni sindacali a partire dall’istituzione di un tavolo regionale per le politiche abitative e per l’edilizia residenziale pubblica.
– L’accorpamento degli attuali dieci Enti in base ad un numero prefissato di alloggi gestiti.

Su questi temi e sulle nuove competenze che gli Iacp potrebbero assumere, i direttivi unitari ritengono si possa dare avvio al confronto proposto.

Alla Regione Sicilia i direttivi unitari Sunia, Sicet e Uniat ribadiscono che occorre fare presto e pervenire in tempi brevi attraverso il metodo del confronto all’elaborazione di un progetto coordinato e condiviso, senza quella frettolosità poco efficace fatta di proclami annunci e veti che purtroppo ad oggi non ha prodotto alcunché.