Convocazione assemblea e ricevimento raccomandata

Corte di Cassazione sentenza del 25 marzo, 2019, n. 8275

Svolgimento del processo
La Corte di appello di Roma, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’appello
proposto dal Condominio di (OMISSIS) – Roma nei confronti della condomina S.E., e per l’effetto
rigettava il ricorso presentato da quest’ultima ex art. 1137 c.c., per ottenere l’annullamento di una
delibera condominiale per difetto di convocazione della medesima alla relativa assemblea.
La Corte territoriale a sostegno della decisione rilevava che dagli atti di causa risultava che
l’amministratore del Condominio aveva provveduto tempestivamente, in data 25.05.2006 (e quindi
oltre 10 giorni prima), a spedire a tutti i condomini, tramite raccomandate, le convocazioni per
l’assemblea condominiale, fissata in data 8.06.2006, e che non vi era contestazione sul fatto che tale
invio fosse stato effettuato anche alla condomina S. presso il suo indirizzo di residenza, per cui
affermava che nel caso di specie operava la presunzione di conoscenza della convocazione ai sensi
dell’art. 1335 c.c., tenuto conto dell’affidabilità del mezzo utilizzato per l’invio della stessa, ragion
per la quale l’assemblea condominiale era stata legittimamente tenuta.
Avverso la suddetta sentenza propone ricorso per cassazione la S., formulando un unico motivo, cui
resiste con controricorso il Condominio. Il ricorso – previa proposta stilata dal nominato consigliere
delegato – è stato inizialmente avviato per la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli
artt. 375 e 380 bis c.p.c., avanti alla sesta sezione civile – 2. All’esito dell’adunanza camerale fissata
al 20.04.2017, con ordinanza interlocutoria n. 27847 del 2017 depositata il 22.11.2017, è stato
rimesso alla pubblica udienza dinanzi alla seconda sezione per carenza dell’elemento dell’evidenza
decisionale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa in prossimità della pubblica udienza, la S.
anche in vista dell’adunanza camerale.

Motivi della decisione
Con l’unico motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1105 c.c.,
comma 3, art. 1136 c.c., comma 6, art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè la
violazione dell’art. 66 disp. att. c.c., u.c., testo previgente. In particolare si duole che la Corte di
appello abbia (erroneamente) ritenuto sufficiente, ai fini della regolarità della convocazione per
l’assemblea condominiale, la prova della spedizione della raccomandata contenente la convocazione
all’indirizzo della condomina, quando invece sarebbe stato necessario provare da parte del
Condominio la ricezione dell’atto da parte della destinataria.
Il ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Per costante orientamento di questa corte (ex multis, Cass. 26 settembre 2013 n. 22047), la invocata
disposizione dell’art. 66 disp. att. c.c., viene interpretata nel senso che essa esprime il principio
secondo cui ogni condomino ha il diritto di intervenire all’assemblea del condominio e deve, quindi,
essere messo in condizione di poterlo fare. Viene, inoltre, affermata la necessità che l’avviso di
convocazione sia non solo inviato, ma anche ricevuto nel termine, ivi stabilito, di almeno cinque
giorni prima della data fissata per l’adunanza, avendo riguardo quale dies ad quem alla riunione
dell’assemblea in prima convocazione. Con la conseguenza che la mancata conoscenza di tale data,
da parte dell’avente diritto, entro il termine previsto dalla legge, costituisce motivo di invalidità
delle delibere assembleari, ai sensi dell’art. 1137 c.c., come confermato dal nuovo testo dell’art. 66
disp. att. c.c., comma 3, introdotto dalla L. 11 dicembre 2012, n. 220, a nulla rilevando, ai fini della
tempestività dell’avviso, nè la data di svolgimento dell’assemblea in seconda convocazione, nè che
la data della prima convocazione fosse stata eventualmente già fissata dai condomini prima
dell’invio degli avvisi.
La medesima giurisprudenza, peraltro, qualifica l’avviso di convocazione atto eminentemente
privato, e del tutto svincolato, in assenza di espresse previsioni di legge, dall’applicazione del
regime giuridico delle notificazioni degli atti giudiziari – quale atto unilaterale recettizio, per cui
esso rinviene la propria disciplina nell’art. 1335 c.c., al medesimo applicandosi la presunzione di
conoscenza in tale norma prevista (superabile da una prova contraria da fornirsi dal convocato), in
base alla quale la conoscenza dell’atto è parificata alla conoscibilità, in quanto riconducibile anche
solamente al pervenimento della comunicazione all’indirizzo del destinatario e non alla sua
materiale apprensione o effettiva conoscenza. Invero, la presunzione di conoscenza ex art. 1335
c.c., degli atti recettizi in forma scritta giunti all’indirizzo del destinatario opera per il solo fatto
oggettivo dell’arrivo dell’atto nel luogo indicato dalla norma. L’onere della prova a carico del
mittente riguarda, in tale contesto, solo l’avvenuto recapito all’indirizzo del destinatario, salva la
prova da parte del destinatario medesimo dell’impossibilità di acquisire in concreto l’anzidetta
conoscenza per un evento estraneo alla sua volontà (cfr., per una fattispecie in tema di
comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea di un condominio, Cass. 29 aprile 1999
n. 4352).
Dall’anzidetto quadro normativo viene fatto derivare l’ovvio corollario per cui, se è vero che per
ritenere sussistente, ex art. 1335 c.c., la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della
dichiarazione a questo diretta, è necessaria e sufficiente la prova che la dichiarazione stessa sia
pervenuta all’indirizzo del destinatario, tale momento, ove la convocazione ad assemblea di
condominio sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l’assenza del
condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte dell’agente
postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, idoneo a consentire il ritiro
del piego stesso, e non già con altri momenti successivi.
Nel senso di cui innanzi si esprimono i precedenti consolidati di questa corte, che il collegio
decidente condivide (v. di recente Cass. 3 novembre 2016, n. 22311, in fattispecie condominiale; v.
altresì i numerosi precedenti in altre materie, soprattutto lavoristica, agraria e locatizia, anche ivi
richiamati: Cass. 31 marzo 2016 n. 6256; Cass. 15 dicembre 2009 n. 26241; Cass. 5 giugno 2009 n.
13087; Cass. 24 aprile 2003 n. 6527; Cass. 27 luglio 1998 n. 7370; Cass. 1 aprile 1997 n. 2847;
oltre numerose sentenze non massimate, o non massimate sul punto che rileva, tra le quali ad es.
Cass. 4 agosto 2016 n. 1633).
A fronte del predetto orientamento consolidato si pone, in senso contrario il solo precedente di
Cass. 14 dicembre 2016 n. 25791 che – emesso in materia condominiale ma in riferimento al
diverso termine posto dall’art. 1137 c.c., per l’impugnazione delle delibere assembleari, decorrente
per gli assenti dalla comunicazione – ha ritenuto: a) che l’avviso di tentata consegna da parte
dell’agente postale, non contenendo l’atto cui si riferisce, non equivalga a sua comunicazione, nè
puè² quindi reputarsi che l’atto sia giunto all’indirizzo del destinatario per gli effetti dell’art. 1335
c.c.; b) che, mancando nel regolamento postale una disciplina analoga a quella della L. n. 890 del
1982, art. 8, l’interprete debba applicare il principio di effettiva conoscenza e non la presunzione di
conoscibilità di cui all’art. 1335 c.c., altrimenti ponendosi il risultato interpretativo in contrasto con
l’art. 24 Cost., trattandosi di una comunicazione – si ripete, del verbale delle deliberazioni
dell’assemblea del condominio nei confronti degli assenti – da cui decorre il termine decadenziale
per l’esercizio della impugnazione in sede processuale; c) che, quindi, debba farsi applicazione
analogica delle disposizioni di cui alla L. n. 890 del 2002, art. 8, adattate tenendo conto del fatto che
– non trattandosi di notifica di atto giudiziario – il servizio postale non prevede, per gli invii ordinari,
la spedizione di una raccomandata con la comunicazione di avvenuto deposito ma solo il rilascio di
avviso di giacenza.
La considerazione della natura isolata del predetto precedente (che peraltro, dal punto di vista della
percezione dei valori costituzionali sottesi, si pone in dissonanza implicita con Cass. 23 settembre
1996 n. 8399, decisione che, come detto, aveva in particolare valorizzato la possibilità per il
destinatario di dare prova contraria rispetto alla presunzione ex art. 1335 c.c.) e, soprattutto, della
circostanza che esso concerne fattispecie non pienamente sovrapponibile a quella in esame, induce a
non ritenere sussistente il contrasto diacronico di giurisprudenza dedotto dal procuratore generale in
udienza pubblica. In particolare, in ordine ai caratteri distintivi della questione giuridica esaminata
in detto precedente (relativa alla disciplina del termine di impugnazione ex art. 1137 c.c., della
delibera di assemblea di condominio) rispetto a quella oggetto della presente controversia (relativa
alla disciplina del termine dilatorio ex art. 66 disp. att. c.c., per la convocazione dell’assemblea del
condominio), puè² essere sufficiente sottolineare che, nel primo caso, dalla comunicazione dell’atto
(verbale assembleare) decorre un termine decadenziale per proporre un’azione giudiziaria mentre,
nel secondo caso, dal pervenimento dello stesso (convocazione di assemblea) decorre un termine
dilatorio meramente condizionante la validità della deliberazione, la quale ultima soltanto potrà
essere impugnata in giudizio, previa ulteriore comunicazione di essa o partecipazione del convocato
all’adunanza: sussistono, dunque, “ragionevoli differenze”, correlate alla presenza solo nella prima
fattispecie di possibili pregiudizi, per effetto dell’avverarsi della decadenza, all’esercizio della tutela
giurisdizionale (tema su cui, in effetti, il precedente n. 25791 del 2016 cit. si sofferma nella
formulazione della ratio decidendi). Ne deriva che, al limite, detto precedente n. 25791 del 2016
introduce una cesura nella catena giurisprudenziale concernente il computo dei termini decadenziali
per l’esercizio di azioni giudiziarie decorrenti dalla ricezione dell’atto (per stare ai precedenti citati,
v. taluni di quelli in materia lavoristica), ma non in quella (cui pertiene la fattispecie in esame, oltre
altre nei precedenti citati) in cui non decorrano – almeno in via immediata e diretta – termini della
specie, bensì termini di altre tipologie (sul punto v. precedente in termini, Cass. 22 novembre 2017
n. 23396).
Va riaffermato, dunque, quale principio di diritto, che in tema di condominio, con riguardo
all’avviso di convocazione di assemblea ai sensi dell’art. 66 disp. att. c.c., (nel testo rationetemporis
vigente), posto che detto avviso deve qualificarsi quale atto di natura privata (del tutto svincolato, in
assenza di espresse previsioni di legge, dall’applicazione del regime giuridico delle notificazioni
degli atti giudiziari) e in particolare quale atto unilaterale recettizio ai sensi dell’art. 1335 c.c., al
fine di ritenere fornita la prova della decorrenza del termine dilatorio di cinque giorni antecedenti
l’adunanza di prima convocazione, condizionante la validità delle deliberazioni, è sufficiente e
necessario che il condominio (sottoposto al relativo onere), in applicazione della presunzione
dell’art. 1335 c.c., richiamato, dimostri la data di pervenimento dell’avviso all’indirizzo del
destinatario, salva la possibilità per questi di provare di essere stato, senza sua colpa,
nell’impossibilità di averne notizia.
Tale momento, ove la convocazione ad assemblea di condominio sia stata inviata mediante lettera
raccomandata (cui il testo dell’art. 66 disp. att. c.c., affianca, nel testo successivo alla riforma di cui
alla L. 11 dicembre 2012, n. 220, altre modalità partecipative), e questa non sia stata consegnata per
l’assenza del condomino (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio da parte
dell’agente postale del relativo avviso di giacenza del plico presso l’ufficio postale, idoneo a
consentire il ritiro del piego stesso, e non già con altri momenti successivi (quali il momento in cui
la lettera sia stata effettivamente ritirata o in cui venga a compiersi la giacenza).
Precisazioni ulteriori derivano dalla considerazione dell’applicazione della disciplina della
regolamentazione postale, avuta presente in precedenti pronunce e costituita rationetemporis dal
decreto del ministro dello sviluppo economico 01/10/2008 (recante “approvazione delle condizioni
generali per l’espletamento del servizio postale universale”), cui è succeduta la delibera
385/13/CONS del 20/06/2013 dell’autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Il regolamento (nei due testi, che sul tema dell’art. 31, non presenta variazioni) contempla, con
terminologia impropria, non vincolante sul piano civilistico, che “il mittente resta proprietario
dell’invio sino al momento della consegna” e che egli, prima della consegna, ha titolo a chiedere la
restituzione dell’invio o la modifica della destinazione o del destinatario. Il riferimento alla
“consegna” è nel senso della preclusione alla possibilità di restituzione del plico al mittente al
momento dell’emissione dell’avviso di giacenza ove la consegna sia stata comunque tentata, anche
se non effettuata, in caso di assenza del destinatario, per cui una volta emesso l’avviso di giacenza,
gli invii restano in giacenza (nel caso in esame, per trenta giorni) a disposizione del destinatario (e
non del mittente), al quale ultimo essi vengono restituiti solo all’esito, previa richiesta e pagamento
di corrispettivo, in alternativa alla distruzione.
Alla luce del quadro giurisprudenziale e normativo riprodotto si osserva che nel caso di specie
l’amministratore ha provato la spedizione della convocazione tramite lettera raccomandata, e la
sentenza impugnata ha evidenziato, da un lato, la sussistenza della presunzione di conoscenza,
tenuto conto dell’affidabilità dello strumento di spedizione utilizzato, e, dall’altro, la mancanza di
alcuna allegazione e prova specifica dedotta dalla ricorrente in ordine alla impossibilità di acquisire
conoscenza dell’atto senza colpa, generica la sola negazione del ricevimento dello stesso, inidonea a
superare la presunzione di conoscenza dell’atto regolarmente inviato.
Con la conseguenza che correttamente è stata ritenuta validamente raggiunta, attraverso la prova
della spedizione della raccomandata contenente l’avviso di convocazione in data 25.05.2006, la
presunzione di ricezione dello stesso da parte della destinataria, sulla quale gravava, pertanto,
l’onere di controllare assiduamente la corrispondenza a lei diretta, per un riscontro della
tempestività o meno dell’inserimento dell’avviso medesimo nel rispetto dei cinque giorni previsti
dalla disposizione invocata.
In conclusione, il ricorso va rigettato.

Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
Poichè il ricorso è stato proposto successivamente al 30 gennaio 2013 ed è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17,
(Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità
2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1
quater – della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente
rigettata.

P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità che vengono liquidate
in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per compensi, oltre accessori come per legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito della L. n. 228 del 2012, art.
1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 4 luglio 2018.
Depositato in Cancelleria il 25 marzo 2019