Trasferimento immobiliare e separazione tra i coniugi
CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE PRIMA CIVILE
Ordinanza interlocutoria 10 febbraio 2020, n. 3089
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Presidente – Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –
Dott. MARULLI Marco – Consigliere –
Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere – Dott. SCALIA Laura – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA sul ricorso 19396/2017 proposto da:
G.R., e R.I., elettivamente domiciliati in Roma, Piazzale Clodio n. 56, presso lo studio dell’avvocato Bonaccio Giovanni, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato Cerboni Bajardi Annunziata, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti-
contro
Trattasi di Ricorso Congiunto;
avverso la sentenza n. 583/2017 della CORTE D’APPELLO di ANCONA, del 18/04/2017;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 19/09/2019 dal Cons. Dott. ACIERNO MARIA;
lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. ZENO Immacolata, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
La Corte d’Appello di Ancona, confermando la pronuncia di primo grado, ha rigettato l’impugnazione proposta dagli ex coniugi G.R. ed R.I. ed ha affermato che la sentenza di cessazione degli effetti civili del matrimonio pronunciata su ricorso congiunto delle parti non può contenere una clausola con la quale si attui un trasferimento immobiliare ma soltanto l’impegno preliminare di vendita o di acquisto.
A sostegno della decisione è stato affermato che pur potendo i coniugi pattuire trasferimenti di diritti reali, anche immobiliari, nel quadro delle più generali pattuizioni che accompagnano le ipotesi di soluzione consensuale della crisi coniugale, tuttavia, lo strumento del trasferimento del diritto reale attuato direttamente dalle parti differisce profondamente dall’atto pubblico redatto dal notaio ai sensi della legge notarile in quanto solo l’assistenza di un professionista consente di non violare il D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 4, conv. nella L. n. 122 del 2010, che impone a pena di nullità dell’atto una serie di precise indicazioni (identificazione catastale, riferimento alle planimetrie depositate in catasto, dichiarazione della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie). Tali dichiarazioni rese dalle parti nell’atto sotto la loro responsabilità possono essere sostituite da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Il notaio prima della stipula deve individuare gl’intestatari catastali e verificare la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari.
Secondo la Corte territoriale la norma ha espressamente demandato al notaio e non ad altri operatori il compito della individuazione e della verifica catastale nella fase di stesura degli atti traslativi, così concentrando, nell’alveo naturale del rogito notarile, il controllo indiretto statale a presidio degli interessi pubblici coinvolti, senza che tale attività possa essere sostituita da quella di altri operatori tra i quali il giudice.
Avverso tale pronuncia hanno proposto ricorso congiunto gli ex coniugi. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso. Le parti ricorrenti hanno depositato memoria.
Le parti ricorrenti in premessa hanno precisato che l’accordo di trasferimento immobiliare costituisce un elemento indispensabile del complessivo e definitivo assetto ai loro interessi. Hanno rilevato di aver corredato tale atto di relazione tecnica giurata contenente attestazione di conformità energetica, elettrica, visura e planimetria catastale. Hanno altresì corredato il ricorso della dichiarazione di obbligo di effettuare a loro spese e cura la trascrizione e/o le richieste di ulteriori forme di pubblicità immobiliare nonchè di depositare la ricevuta di avvenuta presentazione della richiesta di pubblicità immobiliare e della nota di trascrizione, esonerando la cancelleria da ogni responsabilità in merito. Solo in subordine hanno richiesto che l’accordo venisse qualificato come impegno preliminare, evidenziando l’inutile aggravio di spese che tale soluzione avrebbe comportato e la necessità di cristallizzare tempestivamente la soluzione concordata. Nel primo motivo di ricorso viene dedotta la violazione dell’art. 1322 c.c., in relazione all’illegittima lesione del loro diritto di raggiungere accordi atipici patrimoniali meritevoli di tutela, evidenziando come quello di separazione o divorzio ha sicuramente natura negoziale, è meritevole di tutela, ed incontra il favor legislatoris, come attestato dalla legge sulla negoziazione assistita.
Nel secondo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1362 e 1376 c.c., per non essere stata rispettata la volontà negoziale delle parti di procedere al trasferimento immobiliare contenuto nell’accordo. Il giudice di merito avrebbe dovuto prendere atto e rispettare la volontà delle parti quale espressione chiara di attribuzione a tale trasferimento di immediati effetti traslativi.
Nel terzo motivo viene dedotta la violazione del D.L. n. 78 del 2010, art. 19, nell’interpretazione fornita dalla Corte d’Appello. La norma al contrario di quel che la Corte ha affermato, ritiene soddisfatte le finalità di controllo in essa contenute mediante attestazioni di conformità ed autodichiarazioni. Nella specie tutti questi adempimenti sono stati svolti, peraltro integrati dall’impegno di effettuare a propria cura e spese la trascrizione ed ogni forma di pubblicità ulteriore e di depositare in cancelleria entro venti giorni dalla data di deposito del provvedimento la ricevuta di avvenuta richiesta di trascrizione e successivamente della nota di trascrizione rilasciata dall’Agenzia del territorio.
La violazione di legge riguarda anche gli artt. 1350 e 2657 c.c., per non aver ritenuto che la specificazione contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 19, relativa all’individuazione prima della stipula da parte del notaio degli intestatari catastali e la verifica della conformità con le risultanze dei registri immobiliari riguarda le ipotesi in cui le parti scelgono di rivolgersi ad un notaio ma non esclude la liceità di effettuare i trasferimenti con scrittura privata autenticata da pubblico ufficiale autorizzato. La lettura dell’art. 1350 c.c., adottata dalle parti costituirebbe una violazione dell’autonomia privata. Il verbale di udienza 28 novembre 2016, essendo stato redatto dal cancelliere nel compimento di attività certificativa quale pubblico ufficiale costituisce atto pubblico ex art. 2699 c.c..
La soluzione indicata nel provvedimento impugnato, fondata sull’inderogabilità della verifica di conformità ipocatastale dell’atto compiuta dal notaio, non è univocamente seguita dai giudici di merito. Si contrappone ad essa, l’opzione della legittimità dell’accordo traslativo, attuato anche attraverso un ausiliare del giudice, secondo le indicazioni contenute in un albo istituito ad hoc dal Tribunale, previo accordo con il Consiglio dell’ordine degli avvocati, fissato in un protocollo comune (così opera il Tribunale di Bologna). E’ interesse delle parti riuscire a predeterminare un accordo separativo o divorzile che regoli nel modo più completo possibile le conseguenze economico patrimoniali della decisione d’interrompere e sciogliere il vincolo coniugale, senza dilatazioni temporali e senza aggravi di spesa dovuti alla stipula successiva del rogito davanti al notaio.
La norma che ha determinato il contrasto interpretativo, peraltro, si presta a letture contrastanti. Si tratta del comma 1 bis aggiunto alla L. n. 52 del 1985, art. 29, introdotto dal D.L. n. 78 del 2010, art. 19, comma 14, convertito nella L. n. 122 del 2010. Il comma recita:
“Gli atti pubblici e le scritture private autenticate tra vivi aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento di comunione di diritti reali su fabbricati già esistenti devono contenere, per le unità immobiliari urbane, a pena di nullità, oltre all’identificazione catastale, il riferimento alle planimetrie depositate in catasto e la dichiarazione, resa in atti dagli intestatari, della conformità allo stato di fatto dei dati catastali e delle planimetrie.
La predetta dichiarazione può essere sostituita da un’attestazione di conformità rilasciata da un tecnico abilitato alla presentazione degli atti di aggiornamento catastale. Prima della stipula dei predetti atti il notaio individua gli intestatari catastali e verifica la loro conformità con le risultanze dei registri immobiliari”.
La difformità interpretativa riguarda la funzione del previsto controllo notarile in relazione alla validità dell’atto. Da un lato si afferma che la norma, nei primi due periodi, stabilisce dei requisiti dell’atto a pena di nullità ed in particolare la dichiarazione di conformità allo stato di fatto dei dati catastali, che può essere sostituita, come nella specie, da un’attestazione rilasciata da un tecnico abilitato. Nell’ultimo periodo è previsto il controllo di conformità dei dati catastali a quelli contenuti nel registro delle iscrizioni e trascrizioni immobiliari da parte del notaio ma non è prevista la sanzione di nullità in mancanza di questa ulteriore verifica.
Si aggiunge che la nullità riguarda l’assenza dei requisiti ed ha un contenuto di carattere oggettivo, essendo rivolta a prevenire e sanzionare atti che non siano conformi allo stato di fatto dell’immobile, in relazione ad eventuali violazioni della disciplina urbanistica. Ne consegue che la nullità dell’atto non può essere ancorata ai soggetti che svolgono la funzione di controllo di conformità, ben potendo la difformità permanere anche dopo l’intervento notarile. E’ necessario, di conseguenza, che l’atto traslativo contenuto nel verbale di separazione consensuale o nella sentenza che recepisce le determinazioni divorzili congiunte, sia corredato dei requisiti richiesti dalla legge a pena di nullità, dovendo assumere l’efficacia di atto pubblico di trasferimento di un bene immobile ma la verifica che la norma rimette al notaio può essere svolta da un ausiliario del giudice dal momento che la validità dell’atto deriva esclusivamente dalla conformità alle prescrizioni normative. Una conclusione diversa sarebbe contraria alla legittima esplicazione dell’autonomia privata anche in sede di definizione delle condizioni economico patrimoniali conseguenti alla separazione personale od al divorzio. La giurisprudenza di legittimità ha affermato al riguardo che gli atti traslativi tra coniugi (ed ex coniugi) possono perfezionarsi non soltanto in sede giudiziale (nel verbale di separazione giudiziale redatto nel corso dell’udienza ex art. 711 c.p.c., oppure in quello di comparizione davanti al collegio nella procedura divorzile su domanda congiunta ai sensi dell’art. 4, comma 16 Legge Divorzio), ma anche in sede stragiudiziale, frequentemente (ma non solo) in adempimento di un impegno a trasferire assunto in sede giudiziale. (Cass. 17612 del 2018). Coerenti con queste indicazioni sono gli orientamenti della sezione tributaria in sede d’interpretazione della L. n. 74 del 1987, art. 19. La norma stabilisce che tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio nonchè ai procedimenti anche esecutivi e cautelari diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di cui alla L. 1 dicembre 1970, n. 898, artt. 5 e 6, sono esenti dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa. Nelle pronunce n. 8104 del 2017 e 7966 del 2019 si è ritenuto che gli atti di trasferimento contenuti nell’atto di separazione consensuale e nella sentenza di divorzio che recepisce l’accordo tra gli ex coniugi, intervenuti prima dei cinque anni dall’acquisto dell’immobile, non generano la decadenza dai benefici fiscali della prima casa perchè la ratio della norma (L. n. 74 del 1987, art. 19) è quella di favorire la complessiva negoziazione dei rapporti patrimoniali tra i coniugi in occasione della crisi, escludendo che derivino ripercussioni fiscali sfavorevoli dagli accordi intervenuti in tale sede. In sede di applicazione pratica la giurisprudenza di legittimità si è fatta carico della necessità di favorire il ricorso alle soluzioni concordate anche attraverso incentivi di carattere economico ovvero attraverso la prospettiva di una seria contrazione dei costi legati al trasferimento concordato.
Infine, una disciplina legislativa ispirata alla medesima ratio è contenuta nella legge
sulla negoziazione assistita, ancorchè non applicabile ai conflitti familiari. Al riguardo si segnala la L. n. 162 del 2014, art. 5, di conv. del D.L. n. 132 del 2014.: “L’accordo che compone la controversia, sottoscritto dalle parti e dagli avvocati che le assistono, costituisce titolo esecutivo e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. 2. Gli avvocati certificano l’autografia delle firme e la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico. 3. Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o compiono uno degli atti previsti dall’art. 2643 c.c., per procedere alla trascrizione dello stesso la sottoscrizione del processo verbale di accordo deve essere autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato. 4. Costituisce illecito deontologico per l’avvocato impugnare un accordo alla cui redazione ha partecipato.
La norma pare escludere la necessità del ricorso all’atto pubblico davanti al notaio.
L’opinione contraria, esaurientemente esposta nel provvedimento impugnato, poggia le basi sull’indispensabilità ed insostituibilità della funzione del notaio nel controllo relativo alla validità (ed alla legalità) dell’atto. La natura inderogabile della norma e degli obblighi di conformità ivi contenuti impone verifiche tecnico-giuridici notevolmente complesse da compiersi esclusivamente attraverso la capacità professionale e la funzione pubblicistica del notaio. Il controllo del giudice non può che essere esterno e meramente formale, non potendo estendersi per mancanza del supporto necessario ai controlli richiesti dalla legge.
Ritiene il Collegio, che, in virtù del rilevante impatto della controversa interpretazione delle norme rimesse al suo esame, sia necessario affidarne la valutazione alle S.U., trattandosi di questione di massima di particolare importanza, sia per la novità che per la complessità dei temi prospettati dalle parti e dal provvedimento impugnato.
P.Q.M.
Trasmette il ricorso al Primo presidente per la eventuale rimessione alle S.U. della questione di massima di particolare importanza esposta nell’ordinanza interlocutoria.
In caso di diffusione del presente provvedimento si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 settembre 2019. Depositato in Cancelleria il 10 febbraio 2020