Sanatoria edilizia per opere abusive
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5957 del 2014, proposto da
Rita Giuditta Di Meo, rappresentato e difeso dagli avvocati Daniela Carro,
Nicolino Petrucci, con domicilio eletto presso lo studio Gaetano Gutterez in
Roma, via Andrea Doria n. 40;
contro
Comune di Bacoli non costituito in giudizio;
per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania (Sezione Sesta) n. 5833/2013, resa tra le parti, concernente
diniego concessione edilizia in sanatoria pe
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 maggio 2021 il Cons. Thomas Mathà e
uditi per le parti gli avvocati L’udienza si svolge ai sensi degli artt. 25 del Decreto
Legge 137 del 28 ottobre 2020 e 4 comma 1, Decreto Legge 28 del 30 aprile 2020,
attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams” come
previsto della circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario Generale della
Giustizia Amministrativa.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania, Rita Giuditta Di Meo impugnava un provvedimento del Comune di
Bacoli del 19 maggio 2009 (prot. 14280) riguardante opere realizzate senza nessun
titolo edificatorio nel territorio del Comune di Bacoli in via Tabbaia n. 12, che
rigettava la richiesta di concessione edilizia in sanatoria, ordinando anche la
demolizione dell’opera ed il ripristino dello stato dei luoghi.
2. L’area nella quale è locata la costruzione, secondo il P.T.P. Campi Flegrei
(approvato con D.M. 26.4.1999) è designata come “P.I.R. – Protezione Integrale
con Restauro Paesistico-Ambientale” (art. 12 N.T.A.).
3. Con atto del 19 maggio 2009 il Comune rigettava l’istanza di concessione edilizia
in sanatoria ai sensi della legge 326/2003, presentata dall’odierna appellante in data
6 dicembre 2004. Il TAR Campania aveva annullato precedentemente (sentenza n.
1015 del 23.2.2009) l’ordinanza comunale di demolizione riguardante il medesimo
manufatto, perché il Comune, prima di ordinare la demolizione del fabbricato
doveva esaminare la domanda di condono edilizio, essendo all’amministrazione
comunale, in pendenza di una domanda in sanatoria, preclusa l’adozione di
provvedimenti repressivi.
4. La ricorrente avverso il rigetto del 2009 proponeva dunque ricorso dinnanzi al
TAR Campania, e con diversi motivi d’impugnazione chiedeva l’annullamento del
provvedimento comunale. L’amministrazione comunale non si era costituita in
giudizio. Con la sentenza ora impugnata il giudice di primo grado lo ha rigettato
perché infondato.
5. Avverso tale sentenza vengono proposti due motivi di appello, descritti come
segue.
5.1 Con un primo motivo si deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R.
380/2001, eccesso di potere per travisamento dei fatti ed omessa valutazione dei
presupposti in fatto e diritto, carenza di istruttoria e di motivazione, criticando la
sentenza del giudice di prime cure in quanto avrebbe ritenuto che l’opera fosse
estranea all’area di operatività del condono edilizio di cui alla legge 326/2003 (art.
32).
5.2 Con il secondo motivo di appello si lamenta l’error in iudicando per quanto
riguarda la violazione del giusto procedimento ed omessa istruttoria nonché difetto
di motivazione. Il giudice di prima istanza avrebbe trascurato il fatto che le opere
sono state realizzate anni addietro e non avrebbe tenuto conto che il
provvedimento comunale è stato emanato senza alcun accertamento tecnico e
alcuna reale e concreta istruttoria. Inoltre il provvedimento gravato non sarebbe
motivato, non consentendo di individuare un interesse pubblico che possa aver
orientato la pubblica amministrazione ad adottare un tale atto repressivo. Il rigetto
dell’istanza di condono sarebbe inoltre illegittimo perché adottato senza la previa
acquisizione dei pareri della Commissione Edilizia Comunale e della Commissione
Edilizia Integrata. Infine la ricorrente denuncia la mancata comunicazione
dell’avvio del procedimento.
5.3 Il Comune di Bacoli non si è costituito. In prossimità dell’udienza, l’appellante
ha depositato una memoria di discussione il 20.4.2021, e con note d’udienza del 18
maggio 2021 ha chiesto il passaggio in decisione. Alla udienza pubblica del 20
maggio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.1. L’appello è infondato.
1.2 Va anzitutto osservato che la vicenda risulta regolata nei suoi effetti dal
provvedimento prot. 14280 del 19.5.2009, che trova fondamento nella ritenuta
insanabilità delle opere realizzate ex art. 32, punto 27, lettera d) della legge
24.11.2003, n. 326.
Detto provvedimento di rigetto e di ordine di demolizione e ripristino ha quale
oggetto quanto segue: “un’opera abusivamente realizzata alla via Tabbaia n. 12 distinto in
catasto al foglio 14 particella 1094, consistente in un manufatto, ad uso abitativo, al piano terra,
realizzato con struttura portante in ferro con telai bullonati e copertura in lamiera coibentate,
delimitato sul perimetro da muratura in blocchi increspati esternamente, allo stato grezzo.”
2. Esaminando le censure di appello, con un primo motivo si ripropone il motivo
di primo grado con il quale si lamenta il difetto di motivazione del diniego di
sanatoria, perché non avrebbe tenuto conto del fatto che l’opera è un manufatto di
vecchia costruzione, realizzato prima dell’entrata in vigore del P.T.P. e del codice
dei beni culturale ed ambientali di cui al d.lgs. 42/2004.
2.1 Il motivo è infondato.
2.1.1 Le opere in questione costituiscono incrementi volumetrici effettuati in zona
vincolata, nella quale, per le disposizioni imposte dal vigente P.T.P. dei Campi
Flegrei, vi sono interventi che non sono ammessi, perché consistono in nuove
opere in zona vincolata e non sono oggettivamente condonabili a termini dell’art.
32, comma 27, lett. d) della l. 326/2003. La legge della Regione Campania del 18
novembre 2004, n. 10 prescrive il divieto di sanatoria per le opere abusive di cui
alla tipologia 1 dell’allegato 1 (nuove opere) al D.L. n. 269/2003, convertito in
Legge 326/2003, se eseguite su immobili soggetti a vincoli di tutela, anche
successivamente alla commissione dell’abuso, se esse sono difformi dalle norme
urbanistiche e dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di
esecuzione delle stesse (art. 3, comma 2, lettera a).
Nel caso di specie, le opere sono appunto state realizzate su aree soggette a vincoli
di tutela, regimentate come tali dal P.T.P. e realizzate in difformità dallo stesso
(posto che, come detto, il P.T.P. impedisce la realizzazione di incrementi
volumetrici, come è invece avvenuto nella specie).
Il diniego di sanatoria è stato emanato sul presupposto della difformità e cioè
“l’opera non è conforme alle norme urbanistico-ambientali vigenti dettate dal P.T.P. dei Campi
Flegrei”, accertando cioè proprio la non conformità dell’opera rispetto a parametri
urbanistico-paesistici vincolanti quali quelli contenuti nel richiamato P.T.P.
La motivazione è integrata dalla precisazione, contenuta nel diniego citato, “che i
lavori hanno comportato un incremento di superficie pari a mq. 77 e volumetrico di mc. 250” dei
volumi esistenti in contrasto con la normativa del P.T.P. dei Campi Flegrei, la
quale è prevalente nei confronti del P.R.G. Pertanto è superfluo procedere al
prosieguo dell’istruttoria in quanto non è possibile il rilascio della concessione
edilizia in sanatoria per il contrasto dell’opera realizzata con il P.T.P. dei Campi
Flegrei.
In sostanza e in definitiva, oltre che l’esistenza del vincolo, è ostativo alla sanatoria
il rilevato insanabile contrasto con le indicazioni tassative contenute nel citato
P.T.P.
Il diniego di sanatoria di costruzioni abusivamente realizzate è da ritenersi
sufficientemente motivato dall’indicazione delle ragioni assunte a fondamento della
valutazione di compatibilità dell’intervento edilizio con le esigenze di tutela
paesistica poste a base del relativo vincolo. Il fatto che l’opera fosse realizzata
prima dell’entrata in vigore del P.T.P. e prima del d.lgs. 42/2004 è una semplice
affermazione, non provata dall’appellante o suffragata da nessun tipo di
documentazione. Risulta un onere di chi richiede di beneficiare il condono edilizio
a provare che l’opera è stata realizzata in epoca utile per fruire il beneficio, mentre
l’amministrazione comunale non è normalmente in grado di accertare la situazione
edilizia di tutto il proprio territorio alla data indicata dalla normativa del condono
(cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. 4033/2021, e la giurisprudenza ivi richiamata).
3. Con altro motivo di appello (che include una pluralità di doglianze) si lamenta la
erroneità della sentenza nel punto in cui ha rigettato il motivo di illegittimità del
diniego di sanatoria: per difetto di istruttoria; motivazione in merito all’interesse
pubblico ed al mancante bilanciamento degli interessi contrapposti; per omessa
acquisizione del parere della Commissione Edilizia Comunale e della Commissione
Edilizia Integrata; per mancanza delle garanzie partecipative.
3.1 Il motivo non è fondato.
3.2 Il divieto di sanatoria di cui all’opera del caso presente, eseguita su immobili
soggetti a vincolo di tutela, anche successivamente all’abuso, se essi sono difformi
dalle norme urbanistiche e delle prescrizioni degli urbanistici vigenti alla data di
esecuzione delle stesse, è stato rilevato correttamente dal TAR Campania (che
richiama Cons. Stato, sez. IV, sentenza 3969/2012, sempre nello stesso Comune di
Bacoli, P.T.P. Campo dei Flegrei).
Anche una motivazione sintetica, laddove evidenzia gli estremi logici
dell’apprezzamento negativo, è da ritenersi sufficiente (cfr. Consiglio Stato, sez. IV,
sentenza 30 giugno 2005, n. 3542).
3.3 Come chiarito da consolidata giurisprudenza, la specialità del procedimento di
condono edilizio rispetto all’ordinaria procedura di rilascio della concessione ad
edificare e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono,
per il rilascio della concessione in sanatoria “straordinaria” (o condono), il parere
della Commissione edilizia non obbligatorio ma, facoltativo, al fine di acquisire
eventuali informazioni e valutazioni con riguardo a particolari e sporadici casi
incerti e complessi, in assenza dei quali il rilascio della concessione in sanatoria è
subordinato alla semplice verifica dei numerosi presupposti e condizioni
espressamente e chiaramente fissati dal legislatore (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n.
5336/2016, sez. VI, n. 6042/2014). La specialità del procedimento di condono
edilizio rispetto all’ordinario procedimento di rilascio della concessione ad edificare
e l’assenza di una specifica previsione in ordine alla sua necessità rendono, per il
rilascio della concessione in sanatoria, il parere della Commissione edilizia non
obbligatorio, ma al più facoltativo (Cons. Stato, sez. IV, sentenza 12 febbraio 2010,
n. 772); in caso di domanda di condono non è sempre necessario il previo parere
della commissione edilizia comunale: nei casi di violazione di vincoli assoluti di
inedificabilità e infatti, il mero accertamento tecnico degli appositi uffici è da solo
sufficiente a legittimare il diniego del provvedimento richiesto (così, Cons. Stato,
sez. V, n. 5725/2006).
3.4 La demolizione configura un provvedimento assolutamente necessitato e non
suscettibile di diversa discrezionale valutazione, giacché, neppure ex post, è
possibile addivenire a diversa determinazione sulla compatibilità paesistica del
realizzato. L’interesse pubblico è in re ipsa ove si consideri l’insanabilità dell’opera
realizzata in zona vincolata, neppure comparabile, per la prevalenza dei valori
paesaggistici, con l’interesse privato eventualmente confliggente con esso.
Ai sensi degli artt. 32 comma 27 lett. d), d.l. 30 settembre 2003 n. 269, convertito
in l. 24 novembre 2003 n. 326, la sanabilità delle opere edilizie realizzate in zona
vincolata è radicalmente esclusa, ove si tratti di un vincolo di inedificabilità assoluta
o di difformità dalle prescritte previsioni (Cons. Stato, sez. IV, 19 maggio 2010, n.
3174).
3.5 È opportuno richiamare la giurisprudenza consolidata che ritiene l’omissione
denunciata, anche laddove esistente, non inficiante la legittimità dell’atto. I
provvedimenti di diniego del condono edilizio non devono essere preceduti dalla
comunicazione dell’avvio del procedimento, perché i procedimenti finalizzati alla
sanatoria degli abusi edilizi sono avviati su istanza di parte (da ultimo, Consiglio di
Stato, sez. VI, 7 gennaio 2021, n. 187, e l’ampia giurisprudenza lì richiamata).
4. Per le ragioni suesposte, l’appello deve essere respinto, con conferma della
appellata sentenza. Nulla sulle spese, a causa della mancata costituzione in giudizio
dell’appellata amministrazione comunale.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente
pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta, confermando la
impugnata sentenza. Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 maggio 2021 con
l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente
Diego Sabatino, Consigliere
Alessandro Maggio, Consigliere
Giordano Lamberti, Consigliere
Thomas Mathà, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Thomas Mathà Sergio De Felice
IL SEGRETARIO