Comunione e condominio minimo
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. II civ., sent. 29.12.2016, n. 27360
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 5/2/2009 il Tribunale di Alessandria, Sezione distaccata di Novi Ligure, rigettò la domanda avanzata da S.M. e R.E. nei confronti di F.D., con la quale era stato chiesto condannarsi la convenuta a rimborsare la metà di quanto speso per la conservazione del comune immobile, difettando, a parere del decidente, la prova che la F.D. avesse tenuto condotta trascurante, quindi inerte, davanti ad un intervento necessario di consolidamento.
Proposto appello, gli attori, la Corte di Torino, con sentenza depositata il 16/2/2012, accolta l’impugnazione, condannò la F.D. a rimborsare la metà dello speso, con gli interessi nella misura legale dalla domanda.
La F.D. ricorre per cassazione avverso quest’ultima determinazione.
Resistono con controricorso i primigenei attori.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1100, 1117, 1134, cod. civ., omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo.
Assume la ricorrente che la Corte di merito aveva errato nel reputare versarsi nell’ipotesi della comunione, dovendosi, invece ritenere sussistere la fattispecie del condominio minimo o piccolo condominio. Situazione questa che ricorre non solo allorquando restino in comunione non scioglibile strutture essenziali dell’edificio, ma anche ove, in presenza di edifici separati, sussista una corte di servizi comuni ai predetti. Nella specie, trattavasi di un’unica costruzione, autorizzata sulla base di una sola licenza edilizia, che attraverso il tramezzamento verticale aveva dato vita a due case d’abitazione, che avevano in indissolubile comunione, oltre alle fondamenta, i muri portanti, il tetto e la parete divisoria. A ciò consegue, prosegue la ricorrente, che la disciplina applicabile era quella di cui all’art. 1134, cod. civ., avente presupposti non assimilabili alla previsione di cui all’art. 1110, cod. civ..
Con il secondo motivo, denunziante violazione e falsa applicazione dell’art. 1110, cod. civ., la F.D. afferma che per potersi affermare che il comunista chiamato al rimborso versi in stato di trascuranza occorre che previamente al medesimo sia stato dato congruo preavviso, che venga provocata una deliberazione dei partecipanti alla comunione mediante fissazione d’assemblea, pur ove i partecipanti siano solo due, non potendo una tale rituale convocazione essere sostituita da mere comunicazioni o dall’emergere in fatto della necessità d’intervenire. Constava dalle risultanze probatorie che la ricorrente non aveva mai avuto una tale informativa e tantomeno che fosse stata invitata ad una riunione assembleare. Aveva avuto solo approssimativa conoscenza dell’intervento di risanamento e solo dopo che la controparte aveva già deciso lo stesso e avviato i lavori, incaricando l’impresa esecutrice.
(omissis)
Il primo motivo è fondato.
La Corte di merito ha incensurabilmente descritto, dandone financo rappresentazione grafica (pagg. 10-12), la struttura dell’edificio. Trattasi di un unico corpo di fabbrica, dotato di fondamenta unitarie, all’interno del quale prendono vita i due appartamenti a schiera, separati per linea verticale, da terra al soffitto della mansarda, da una parete divisoria, in assenza di giunto di dilatazione. I lavori avevano riguardato il rifacimento del muro di contenimento dell’area sulla quale insiste il fabbricato e la corte collocata a piano terra, posta a livello superiore rispetto alla restante area, al cui fondo insiste altra corte.
Ciò premesso, reputa il Collegio che la Corte territoriale sia venuta meno al dovere di spiegare la ragione per la quale in una siffatta situazione fattuale debbasi escludere ricorra la fattispecie del condominio, sia pure nella sua forma minimale.
Come è noto peculiare caratteristica del condominio viene attribuita nell’individuarsi in esso due situazioni soggettive affatto dissimili: il condomino gode della piena ed esclusiva proprietà del volume costituito dalla propria unità (abitativa o meno); le parti comuni – cioè quelle che rendono indissolubile la struttura e ne assicurano la permanenza in vita (fondamenta, tetto, muri di chiusura, scarichi, ecc.) o che a questa sono asservite (corti, aiuole, accessi, recinzioni, ecc.) – sono soggette a comunione funzionale indissolubile. Per contro, nella comunione (situazione, questa, precaria, in quanto condizionata al non esercizio del diritto alla divisione da parte dei comunisti, salvo l’eccezione di cui all’art. 1112, cod. civ.) il singolo comproprietario gode di una quota del tutto.
Da qui si è condivisamente chiarito, anche assai di recente, che, in considerazione del rapporto di accessorietà necessaria che lega le parti comuni dell’edificio, elencate in via esemplificativa dall’art. 1117 c.c., alle proprietà singole, delle quali le prime rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, la condominialità di un seminterrato non è esclusa per il solo fatto che le costruzioni sovrastanti siano realizzate, anziché come porzioni di piano l’una sull’altra (condominio verticale), quali proprietà singole in sequenza (villette a schiera, condominio in orizzontale), poiché la nozione di condominio è configurabile anche nel caso di immobili adiacenti orizzontalmente in senso proprio, purché dotati delle strutture portanti e degli impianti essenziali indicati dal citato art. 1117 (Sez. 2, n. 18344 del 18/9/2015).
Conclusione, questa, peraltro, in linea con le precedenti enunciazioni, che hanno ritenuto sussistere il condominio, non solo nel caso delle unità abitative costruite a schiera, ma anche quando manchi un così stretto nesso strutturale, materiale e funzionale, non potendo essere esclusa la condominialità neppure per un insieme di edifici indipendenti, giacché, secondo quanto si desume dagli artt. 61 e 62 disp. attuaz. cod. civ. – che consentono lo scioglimento del condominio nel caso in cui un gruppo di edifici si possa dividere in parti che abbiano le caratteristiche di edifici autonomi – è possibile la costituzione “ab origine” di un condominio fra fabbricati a sé stanti, aventi in comune solo alcuni elementi, o locali, o servizi o impianti condominiali; dunque, per i complessi immobiliari, che comprendono più edifici, seppure autonomi, è rimessa all’autonomia privata la scelta se dare luogo alla formazione di un unico condominio, oppure di distinti condomini per ogni fabbricato (Sez. 2, n. 8066 del 18/04/2005).
È del tutto evidente che, ove applicati i superiori principi alla riscontrata situazione di fatto, debba concludersi per la sussistenza del condominio, minimo o piccolo che si voglia, la disciplina di riferimento non sarebbe più quella di cui agli artt. 1108 e 1110, cod. civ., bensì quella derivante dal comb. disp. degli artt. 1117 e 1134, cod. civ. (cfr. Sez. 2, n. 7126 del 25/6/1991; Sez. 2, n. 5298 del 29/5/1998; Sez. 2, n. 8876 del 3/7/2000).
Ciò posto, annullata la sentenza impugnata, deve disporsi rinvio, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.
L’accoglimento del motivo di cui sopra assorbe il vaglio delle doglianze di cui al secondo ed al terzo motivo.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, assorbiti gli altri. Cassa e rinvia, anche per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di appello di Torino, altra sezione