Allaccio abusivo all’energia elettrica condominiale costituisce furto

SENTENZA
1985
Sent. n. sez. 627/2023
UP – 23/03/2023
R.G.N. 30568/2022

avverso la sentenza del 08/02/2022 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere ;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore che ha concluso
chiedendo

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 8 febbraio 2022 la Corte di appello di Ancona ha
parzialmente riformato la decisione del Tribunale di Ascoli Piceno del 14 giugno
2019, pronunciando l’assoluzione di RS dal reato ascrittogli per non aver
commesso il fatto, altresì confermando la condanna di SSL
all’irrogata pena di mesi otto di reclusione ed euro 350,00 di multa.
L’imputata è stata riconosciuta responsabile del delitto di cui agli artt. 624
e 625 n. 2 cod. pen., per essersi impossessata, al fine di trarne profitto, usando
violenza sulle cose consistita nell’azione di spostamento di cavi elettrici da un
differenziale ad un altro, di energia elettrica prelevata abusivamente dal
contatore generale del suo condominio, al fine di usufruirne per erogarla
nell’appartamento da lei occupato.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione SSL
, a mezzo del suo difensore, eccependo, con un’unica doglianza, violazione
di legge in relazione agli artt. 624 e 625 n. 2 cod. pen.
Avrebbe, in particolare, errato la Corte territoriale nel ritenere, senza
l’adozione di nessuna logica motivazione in proposito, che la fattispecie configuri
un’ipotesi di furto aggravato, laddove invece, per come ritenuto dalla recente
esegesi della giurisprudenza di legittimità, integra il reato di appropriazione
indebita la condotta del condomino che si impossessi, mediante allaccio abusivo
a valle del contatore condominiale, di energia elettrica destinata
all’alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune.
3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusione scritte, con cui ha
chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
4. Il difensore ha depositato successiva memoria, con cui ha insistito per
l’accoglimento del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato
inammissibile.

2. E’, infatti, priva di ogni fondamento la doglianza dedotta con il proposto
ricorso, trattandosi di censura per la prima volta introdotta in questa sede di
legittimità, non essendo stata eccepita con l’atto di appello.
Trova applicazione, allora, in termini troncanti, il principio, reiteratamente
affermato da questa Corte di legittimità, per cui non sono deducibili con il ricorso
per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di
gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il
provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al
quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato
intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le
altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Galdi, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826
del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013,
Graziali, Rv. 255577-01).
3. In ogni modo, a prescindere dalla definitività dell’indicato aspetto, il
Collegio rileva come sulla proposta questione si ravvisi l’esistenza di un conflitto
ermeneutico tra due diverse interpretazioni.
3.1. Secondo un primo orientamento, integra il reato di appropriazione
indebita e non quello di sottrazione di cose comuni la condotta del condomino il
quale, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si
impossessa di energia elettrica destinata all’alimentazione di apparecchi ed
impianti di proprietà comune (così, Sez. 5, n. 57749 del 15/11/2017, Martorana,
Rv. 271989-01; Sez. 2, n. 13551 del 21/03/2002, Venturi, Rv. 221836-01).
L’indirizzo muove dalla premessa che l’energia elettrica sottratta, una volta
transitata dal contatore che registra i consumi del condominio, costituisce
energia appartenente pro quota anche al condomino che la sottrae, per cui sia
costui che gli altri condomini, in ragione del comune possesso, tengono una
condotta indebitamente appropriativa qualora la consumino nella parte a
ciascuno di loro dovuta e la utilizzino al di fuori della stretta sorveglianza degli
altri, esercitando un autonomo potere dispositivo del bene.
3.2. Per la contraria opzione ermeneutica, invece, integra il delitto di furto, e
non quello di appropriazione indebita, la condotta del condomino che, mediante
allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessi di energia
elettrica destinata all’alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà
comune (cfr. Sez. 5, n. 17773 del 21/02/2022, Talarico, Rv. 283078-01; Sez. 5,
n. 115 del 07/10/2021, dep. 2022, Insolia, Rv. 282394-01).
Per tale indirizzo la distinzione tra furto e appropriazione indebita si coglie
a seconda che esista o meno un potere di autonoma disponibilità sul bene. Ove
quest’ultima sussista, 11 mancato rispetto dei limiti in ordine alla utilizzabilità del
bene integra il reato di appropriazione indebita, in caso contrario, invece, si
configura il delitto di furto. E’ stato, poi, osservato che «l’energia della quale i
singoli condomini possono disporre è l’energia che, transitando attraverso il
contatore, serva in concreto le parti comuni o i beni comuni. Al contrario, la
condotta, variamente realizzata, attraverso la quale l’autore riesca a deviare il
flusso dell’energia, dopo che essa è transitata dal contatore condominiale, verso
gli impianti degli spazi ad uso esclusivo come il proprio appartamento, non si
colloca all’interno dell’esercizio del potere dispositivo del quale ciascun
condomino è titolare, ma al di fuori di quest’ultimo, come reso palese dal fatto
che 11 nsultato è conseguibile solo attraverso modalità di deviazione dell’energia –
ossia, attraverso una sottrazione – che non raggiunge affatto gli spazi
condominiali». L’energia passata per il contatore condominiale è, proprio in
ragione della destinazione assunta a servizio delle parti comuni, indisponibile ad
un uso privato del condomino, che non ne acquisisce l’autonomo possesso e che,
solo attraverso una condotta di sottrazione, la distrae a proprio esclusivo
vantaggio.
3.3. Il Collegio ritiene maggiormente persuasivo questo secondo indirizzo
interpretativo, In quanto più aderente alla specifica realtà giuridica
caratterizzante l’istituto del condominio.
Secondo la sentenza Sez. U, n. 10495 del 09/10/1996, Nastasi, Rv.
206174-01, la misurazione dei consumi operata mediante li contatore non solo
definisce la prestazione erogata in termini quantitativi ma, correlativamente,
determina il momento in cui l’energia passa, secondo i termini contrattuali, dalla
disponibilità del somministrante all’utente. A valle del contatore condominiale la
disponibilità dell’energia è solo della comunità dei condomini, che la destinano al
funzionamento di beni comuni e non di ciascuno di essi autonomamente (salvo
autorizzazioni o concessioni in tal senso).
L’assenza di autonoma disponibilità del bene preclude, quindi, la possibilità
di configurare il fatto come appropriazione indebita, considerato che, in tema di
reati contro il patrimonio, ove l’agente abbia la detenzione della cosa, in
mancanza di un autonomo potere dispositivo del bene è configurabile il reato di
furto e non quello di appropriazione indebita (così, ex multis, Sez. 4, n. 54014
del 25/10/2018, Veccari, Rv. 274749-01).
In ragione degli indicati aspetti, è, allora, da ritenersi che nella sentenza
impugnata la Corte di merito abbia correttamente qualificato il fatto in termini di
furto aggravato.
4. Il ricorso, in conclusione, deve essere dichiarato inammissibile, per
l’effetto rendendosi inapplicabile la disciplina transitoria dettata dall’art. 85,
comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (Sez. U, n. 40150 del 21/06/2018,
Salatino, Rv. 273551-01).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00
in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte
Cost., sent. n. 186/2000).

P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso in Roma il 23 marzo 2023
Il Consigliere estensore