La norma sopravvenuta si applica anche alle vicende pregresse
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6572 del 2022, proposto da G.B., rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Di Lieto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Pelagio I, n. 10, presso la dottoressa S.M.;
contro
Comune di Napoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonio Andreottola e Annalisa Cuomo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Roma, via Appennini, n. 46, presso lo studio legale Leone;
nei confronti
di N.L., rappresentata e difesa dagli avvocati Eduardo Riccio e Teresa Gambuti, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il loro studio in Roma, via degli Avignonesi, n. 5;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Sezione Quarta, n. 3792/2022, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Napoli e di N.L.;
Viste le ordinanze collegiali n. 1099 del 23 gennaio 2024 e n. 2690 del 19 marzo 2024;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 2 luglio 2024 il Cons. Alessandro Enrico Basilico, uditi gli avvocati Andrea Di Lieto, per l’appellante, e N.L., per delega dell’avvocato Antonio Andreottola, per il Comune, nonché viste le conclusioni scritte dell’appellata;
Svolgimento del processo
1.L’appellante impugna la sentenza che ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti presentati per l’annullamento, rispettivamente, del diniego dell’accertamento di conformità e dell’ordinanza di ripristino relativi a opere eseguite nell’immobile di sua proprietà.
2. In punto di fatto, si rileva che l’appellante è proprietario di due unità immobiliari poste al piano rialzato e al primo piano di un edificio compreso nel complesso di Villa Pignatelli di Monteleone, situato a Napoli, nel quartiere Barra.
3. Con istanza del 24 ottobre 2019 (pratica edilizia n. 2427/2019) ha chiesto l’accertamento di conformità, ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380 del 2001, per il cambio di destinazione d’uso, da deposito a residenza, dei locali al piano rialzato.
4. Con disposizione dirigenziale n. 16 dell’8 gennaio 2020 il Comune ha respinto la domanda, considerando che l’area in cui ricade l’intervento rientra nella “zona A – insediamenti di interesse storico”, è classificata come “Unità di spazio scoperto concluse – giardini, orti e spazi pavimentati pertinenti a unità edilizie di base” ed è compresa nel perimetro del centro edificato, nonché rilevando la mancanza del necessario parere della Soprintendenza e comunque osservando che ricade in zona rossa vesuviana, dove non è consentito il cambio di destinazione d’uso ai fini residenziali perché costituisce aumento del carico antropico.
5. L’interessato ha impugnato il diniego dinanzi al TAR per la Campania.
6. In seguito, con disposizione dirigenziale n. 144/A del 19 maggio 2020 gli è stata ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione delle opere abusivamente realizzate, qualificate come ristrutturazione edilizia e consistenti nella “trasformazione d’uso di locale deposito (categoria catastale C/2) in unità abitativa (categoria catastale A/3) costituita da due vani – cucina – corridoio – wc e ripostiglio; In luogo di cancellate a protezione di due vani luce, apposizione di infissi di alluminio e napoletane apribili in ferro con trasformazione degli stessi in finestre”.
7. L’interessato ha censurato il provvedimento proponendo motivi aggiunti.
8. Nel giudizio di primo grado è intervenuta ad opponendum la sig.ra N.L., proprietaria di un fondo nelle vicinanze.
9. Il TAR, dopo aver giudicato ammissibile l’intervento, nel merito ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti, condannando il ricorrente al pagamento delle spese di lite in favore delle controparti.
10. In particolare, il Tribunale ha ritenuto dirimente, ai fini della legittimità del diniego di accertamento di conformità, la circostanza che l’immobile fosse ricompreso nella zona rossa vesuviana; inoltre, con riferimento all’ingiunzione di ripristino, ha considerato decisivo il fatto che non fosse stata dimostrata la preesistenza del mutamento di destinazione d’uso all’istituzione del vincolo della zona rossa e reputato non illegittima la fissazione di un termine di 60 giorni, invece che di 90 giorni, per eseguire l’ordine di demolizione.
11. L’interessato ha proposto appello contro la sentenza.
12. Nel giudizio di secondo grado si sono costituiti il Comune di Napoli e la sig.ra N.L., resistendo al gravame.
13. Quest’ultima, in particolare, ha riproposto le eccezioni d’inammissibilità del ricorso di primo grado e dei successivi motivi aggiunti in quanto non le sono stati notificati, come avrebbero dovuto essendo questa – in tesi – controinteressata, nonché d’irricevibilità dei motivi aggiunti, con conseguente improcedibilità del ricorso introduttivo, per tardività.
14. Con l’ordinanza n. 1099 del 2024, segnata in epigrafe, la Sezione ha disposto una verificazione volta ad accertare la collocazione dell’immobile rispetto alla zona rossa vesuviana attualmente vigente.
15. Con la successiva, n. 2690 del 2024, pure richiamata in epigrafe, ha prorogato il termine per il deposito della relazione di verificazione.
16. Il 6 maggio 2024 il verificatore ha depositato l’elaborato peritale.
17. Nel prosieguo del giudizio le parti hanno depositato documenti e scritti difensivi.
18. In particolare, l’appellante ha prodotto la nota prot. (…) del 30 aprile 2024 con cui la Soprintendenza ha espresso parere favorevole con prescrizioni per l’accertamento di compatibilità paesaggistica del cambio di destinazione d’uso con opere.
19. In vista dell’udienza, inoltre, ha riferito e documentato di aver presentato istanza di sanatoria del cambio di destinazione da deposito a residenza in base al D.L. n. 69 del 2024 (all’epoca non ancora convertito con modificazioni dalla L. n. 105 del 2024).
20. All’udienza pubblica del 2 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
21. In via preliminare, si osserva che l’avvenuta presentazione dell’istanza di sanatoria ai sensi del D.L. n. 69 del 2024 non può influire sull’esito del giudizio, data la giurisprudenza secondo cui la presentazione della richiesta di sanatoria non incide sulla legittimità dell’ordinanza di demolizione ma solo sulla sua efficacia (tra le tante si v. Cons. St., sez. VII, sent. n. 7680 del 2023 e sez. II, sentt. n. 714 e n. 1708 del 2023).
Pertanto, in caso di rigetto dell’appello, l’efficacia degli atti impugnati in primo grado rimarrebbe sospesa fino alla pronuncia del Comune sulla nuova domanda la quale, se favorevole per il privato, rappresenterebbe una sopravvenienza tale da rendere legittimo l’intervento – sulla base della nuova normativa, dunque a prescindere da quanto affermato in questa sentenza – mentre, se sfavorevole, riprenderebbe efficacia l’ingiunzione di ripristino.
22. Con il primo motivo di appello si deduce: “ERROR IN IUDICANDO ED IN PROCEDENDO. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2, 63-68 DEL D.LGS. N. 104 DEL 2010 E DEI PRINCIPI IN MATERIA DI GIUSTO PROCESSO, PARITA’ DELLE PARTI, CONTRADDITTORIO E FORMAZIONE DELLA PROVA E DELL’ISTRUTTORIA. VIOLAZIONE DELL’ART. 111 DELLA COSTITUZIONE. CARENZA ISTRUTTORIA, MOTIVAZIONE ERRONEA. VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 20, 23 TER E 36 DEL D.P.R. N. 380 DEL 2001 E DEGLI ARTT. 20 E 21 DEL D.LGS. N. 42 DEL 2004, COME SUCC. MOD. ED INT. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI E DI MOTIVAZIONE, ILLOGICITA’ E CARENZA ISTRUTTORIA”.
In particolare, si sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dal TAR (la cui decisione è criticata anche perché assunta senza prima procedere a una CTU), l’immobile dell’appellante sia collocato all’esterno della zona rossa vesuviana, pertanto non vi sarebbe alcun divieto di mutamento della destinazione d’uso; inoltre, si afferma che non sarebbe stato necessario acquisire l’assenso della Soprintendenza e che comunque questo avrebbe dovuto essere chiesto d’ufficio dal Comune.
23. Il motivo è infondato.
La verificazione svolta nel giudizio di secondo grado ha infatti condotto ad accertare che l’immobile non era compreso nella zona rossa come delineata nella proposta del Comune di Napoli approvata con Deliberazione del Consiglio comunale n. 24 del 26 giugno 2013, ma vi è stato incluso con l’approvazione definitiva della perimetrazione da parte del Dipartimento della Protezione civile con documento del 14 febbraio 2014, che ha esteso il confine dell’area vincolata a parte dei quartieri Piano, San Giovanni a Teduccio e Barra in considerazione di uno “scenario in via cautelativa, in caso di ripresa dell’attività eruttiva, che tiene conto del peso delle ceneri sui tetti delle case”.
Su questa base, il verificatore ha quindi concluso che l’unità abitativa dell’appellante “rientra in zona rossa 1, ed è contenuta anche nella linea della perimetrazione della linea Gurioli, che individua l’invasione da flussi piroclastici”, pertanto è soggetta al divieto di cambio di destinazione d’uso ai fini residenziali, disposto dalla L.R. Campania, n. 21 del 2003, in quanto lo stesso determina l’aumento del carico antropico.
La circostanza che l’immobile era già soggetto al vincolo nel momento in cui è stato chiesto l’accertamento di conformità precludeva di per sé l’accoglimento dell’istanza per mancanza del requisito della “doppia conformità”, senza che rilevi il sopravvenuto parere favorevole della Soprintendenza, il quale attiene solo ai profili paesaggistici e non a quelli edilizi e urbanistici.
24. Con il secondo motivo di appello si deduce: “ERROR IN IUDICANDO. MOTIVAZIONE ERRONEA. VIOLAZIONE DELL’ART. 10 BIS DELLA L. n. 241 del 1990, COME SUCC. MOD. ED INT. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI E DI MOTIVAZIONE E CARENZA ISTRUTTORIA”.
In particolare, si sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dal TAR, il diniego di sanatoria sia illegittimo perché non preceduto dall’invio del “preavviso di rigetto” (e, a tal fine, non sarebbe idonea la comunicazione inviata al tecnico di fiducia invece che alla parte personalmente).
25. Il motivo è infondato, perché il proprietario aveva espressamente eletto un domicilio speciale elettronico presso l’indirizzo PEC del proprio tecnico di fiducia ai fini della trasmissione di tutti gli atti e comunicazioni inerenti la pratica di sanatoria (doc. 9 depositato in primo grado dal Comune il 2 aprile 2021) e l’Amministrazione ha inviato il “preavviso di diniego” proprio a questo indirizzo, così garantendo la partecipazione al procedimento.
Peraltro, la preclusione alla sanatoria del cambio di destinazione d’uso derivante dalla collocazione dell’immobile nella zona rossa rendeva il diniego sostanzialmente vincolato, con la conseguenza che un’eventuale violazione di norme sul procedimento non sarebbe invalidante, ai sensi dell’art. 21-octies, co. 2, della L. n. 241 del 1990.
26. Con il terzo motivo di appello si deduce: “ERROR IN IUDICANDO. MOTIVAZIONE ERRONEA. VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DEGLI ARTT. 3, 6 BIS, 9 BIS, 10, 23 TER, 27 E 33 DEL D.P.R. n. 380 del 2001. ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI FATTI, ERRONEITA’ DEI PRESUPPOSTI E DI MOTIVAZIONE E CARENZA ISTRUTTORIA”.
In particolare, si ribadisce che l’ingiunzione di ripristino sarebbe illegittima in via derivata, nonché inficiata da vizi propri, consistenti nel fatto che l’immobile avrebbe avuto le caratteristiche di un’unità abitativa fin dalla sua costruzione, sicuramente precedente all’istituzione della zona rossa, e sarebbe pervenuto all’appellante nello stato attuale, a eccezione di una modifica della tramezzatura interna; sotto altro profilo, si sostiene che per un simile intervento non potrebbe essere disposta la demolizione, ma solo applicata una sanzione pecuniaria.
27. Il motivo è infondato.
La tesi dell’appellante è smentita dalla licenza edilizia rilasciata nel 1957 per la costruzione del fabbricato di due piani, compreso il piano rialzato, la quale è stata concessa, tra l’altro, all’espressa condizione “che i locali a piano rialzato non siano destinati per abitazioni” (tali locali, del resto, sono qualificati come “deposito” nella cartografia allegata al titolo).
Inoltre, come già osservato dal TAR, il decreto di trasferimento emesso dal Tribunale di Napoli, in forza del quale l’appellante ha acquisito la proprietà del bene, fa riferimento a un “locale al piano rialzato, di circa mq. 66 catastali, con sottostante locale cantinato cui si accede esclusivamente da una botola, sita nel medesimo locale”, senza fornire elementi a supporto della tesi per cui questo – censito come deposito nel catasto fabbricati, come riportato del decreto – avrebbe già avuto una destinazione residenziale di fatto.
28. È infine incensurabile – ed è anzi un atto doveroso e a contenuto vincolato – la decisione del Comune d’intimare il ripristino dello stato dei luoghi.
L’intervento è infatti qualificabile come ristrutturazione edilizia per la quale era necessario il previo rilascio del permesso di costruire ai sensi dell’art. 10, co. 1, lett. c) del D.P.R. n. 380 del 2001, trattandosi del mutamento della destinazione d’uso di un immobile compreso nella zona A e comunque comportando un aumento del carico urbanistico, con la conseguenza che, in mancanza del titolo, si applica l’art. 33 del medesimo d.P.R., che prevede appunto la rimozione delle opere abusive (sul fatto che il mutamento da deposito ad abitazione comporti un cambio tra categorie funzionalmente autonome e non omogenee, sanzionabile con la misura ripristinatoria, si v., tra le più recenti, Cons. St., sez. VI, sent. n. 2205 del 2024).
29. L’infondatezza sostanziale degli argomenti esposti dall’appellante esime dal pronunciarsi sulle eccezioni processuali sollevate dall’interveniente.
30. La circostanza che ai fini della decisione sia risultata dirimente la verificazione, svolta in un contesto nel quale vi erano dubbi circa la corretta delimitazione della zona rossa vesuviana, giustifica la compensazione delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio tra tutte le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge; compensa tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Conclusione
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2024 con l’intervento dei magistrati:
Antonella Manzione, Presidente FF
Francesco Guarracino, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere
Alessandro Enrico Basilico, Consigliere, Estensore
Ugo De Carlo, Consigliere