Risarcimento per danni provocati dal conduttore
CORTE DI CASSAZIONE
Sez. III civ., ord. 7.3.2019, n. 6596
Fatti di causa
1. Nel 2011 R.S. (e altri 5 eredi comproprietari) convennero dinanzi al Tribunale di Catanzaro la Provincia di Catanzaro, esponendo che:
la propria dante causa T.I. nel 1973 concesse in locazione alla Provincia di Catanzaro l’immobile sito in quest’ultima città, viale dei Normanni, perché fosse destinato a sede del provveditorato agli studi;
nel 2007 gli eredi della locatrice proposero ricorso per accertamento tecnico preventivo con finalità conciliativa, ai sensi dell’articolo 696 bis c.p.c., al fine di accertare i danni arrecati all’immobile dall’amministrazione, nonché “le opere e riparazioni necessarie al fine di ripristinare lo stato dei luoghi, comprensive di oneri diritti tecnici”;
all’esito dell’accertamento tecnico preventivo era emersa l’esistenza di gravi danni all’immobile, arrecati dall’amministrazione provinciale.
Gli attori conclusero pertanto chiedendo la condanna della provincia al risarcimento dei danni, oltre una indennità per il mancato utilizzo dei locali durante il tempo che sarebbe stato necessario per l’esecuzione dei lavori, indicato dal consulente tecnico d’ufficio in nove mesi.
2. Con sentenza 4.3.2016 n. 365 il Tribunale di Catanzaro accolse la domanda; determinò in quattro mesi il periodo di tempo occorrente ai proprietari per il restauro dell’immobile; accordò agli attori gli interessi e la rivalutazione sulle somme ad essi liquidate con decorrenza dalla domanda.
3. La sentenza venne appellata in via principale dalla Provincia ed in via incidentale dagli odierni ricorrenti.
Con sentenza 5 ottobre 2016 n. 1521 la Corte d’appello di Catanzaro accolse parzialmente l’appello principale e rigettò quello incidentale.
Per quanto in questa sede ancora rileva, la Corte d’appello ritenne che:
nessun risarcimento o indennità spettasse agli attori a titolo di ristoro della perduta possibilità di locare l’immobile a terzi durante il tempo occorrente per il restauro; ciò sul presupposto che essi non avevano dimostrato che, “nell’ipotesi in cui l’immobile fosse stato riconsegnato nelle condizioni dovute, la parte proprietaria avrebbe potuto dar corso all’immediata nuova locazione così realizzando l’acquisizione di ulteriore prestazione patrimoniale”;
(omissis)
4. La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione da R.S. e dagli altri cinque eredi di T.I., con ricorso fondato su tre motivi.
Ha resistito con controricorso la Provincia di Catanzaro.
Ragioni della decisione
1.1. Col primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione degli articoli 1175, 1177 e 1590 c.c..
Sostengono che erroneamente la Corte d’appello ha addossato ad essi l’onere di provare che, durante il tempo necessario per il restauro dell’immobile, essi hanno perduto i frutti ricavabili dalla locazione di esso.
Deducono che, quando il conduttore restituisca l’immobile, al termine della locazione, in condizioni tali da richiedere un restauro, il danno sarebbe in re ipsa, e il locatore non deve affatto provare di aver perduto la possibilità di stipulare un vantaggioso contratto di locazione nel tempo necessario per il restauro.
1.2. Il motivo è fondato.
Nella giurisprudenza di questa Corte, infatti, è pacifico che “qualora, in violazione dell’art. 1590 cod. civ., al momento della riconsegna l’immobile locato presenti danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, incombe al conduttore l’obbligo di risarcire tali danni, consistenti non solo nel costo delle opere necessarie per la rimessione in pristino, ma anche nel canone altrimenti dovuto per tutto il periodo necessario per l’esecuzione e il completamento di tali lavori, senza che, a quest’ultimo riguardo, il locatore sia tenuto a provare anche di aver ricevuto – da parte di terzi – richieste per la locazione, non soddisfatte a causa dei lavori” (Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 31/05/2010; nello stesso senso, Sez. 3, Sentenza n. 19202 del 21/09/2011, Sentenza n. 6417 del 01/07/1998).
Nella motivazione della sentenza da ultimo ricordata, in particolare, si legge: “secondo un principio generalissimo – codificato dall’art. 1591 c.c. – ‘il conduttore in mora a restituire la cosa è tenuto a dare al locatore il corrispettivo convenuto, fino alla riconsegna, salvo l’obbligo di risarcire il maggior danno’. È palese, pertanto (…), che ogniqualvolta il locatore per fatto del conduttore non può disporre della cosa locata, lo stesso ha diritto a conseguire ‘il corrispettivo convenuto’, nonché eventuali danni, ulteriori, ove ne dimostri l’esistenza. Sempre al riguardo – inoltre – non può tacersi che si ha ‘mancata disponibilità’ della cosa locata non solo (…) allorché, scaduto il termine per la restituzione il conduttore non vi provveda, ma anche tutte le volte in cui, per fatto imputabile al conduttore, il locatore non può trarre, dalla cosa, alcun vantaggio, come – ad esempio, nell’ipotesi in cui l’immobile presenti, alla riconsegna [e quindi dopo la restituzione, eventualmente ritardata a norma dell’art. 1591 c.c.] danni eccedenti il degrado dovuto a normale uso dello stesso, con conseguente sua inutilizzabilità per tutto il periodo per il quale si protraggono i lavori di ripristino. In merito, infine, non può non sottolinearsi come sul punto la giurisprudenza di questa Corte (…) sia fermissima da lustri nel ritenere che il locatore, in caso di anormale usura dell’immobile, ha diritto al risarcimento del danno consistente sia nella somma di denaro occorrente per l’esecuzione delle riparazioni imposte dai danni all’immobile provocati dal conduttore, sia nel mancato reddito ritraibile dalla cosa nel periodo di tempo necessario per l’esecuzione dei lavori di riparazione (omissis)”.
1.3. Resta solo da aggiungere, per maggior chiarezza, che il risarcimento dovuto al locatore in conseguenza della mancata disponibilità del bene durante il periodo occorrente per il restauro non costituisce un danno in re ipsa.
Come si è detto nel paragrafo precedente, infatti, il periodo di indisponibilità dell’immobile reso necessario dall’urgenza del restauro, è dalla giurisprudenza di questa Corte equiparato quoad effectum alla ritardata restituzione dell’immobile, con la conseguenza che spetterà per tale periodo al proprietario “il corrispettivo convenuto”, ai sensi dell’art. 1591 c.c., salva la prova del maggior danno, che grava sul locatore.
(omissis)
P.Q.M.
la Corte di cassazione:
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbito il secondo, rigetta il terzo;
cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.