Roma, 19 Febbraio 2021

Dichiarazione di Emiliano Guarneri, Segretario del Sunia di Roma

Vergognosa presa di posizione del Comune di Roma attraverso la delegata alle periferie, Federica Angeli, che tramite i social dichiara che “Migliaia di euro in questi anni sono finiti a sindacati, alcuni dei quali hanno gestito il racket delle case popolari prendendo soldi per occupazioni abusive in combutta con mafie locali, senza che molti affittuari lo sapessero.”
Si rincara la dose, garantendo l’anonimato a chi disdice la delega, come se potesse essere vittima di chissà quali ripercussioni.
Affermazioni inaccettabili per organizzazioni come il Sunia che ha una storia cinquantennale di lotte per il diritto alla casa e offensive per gli oltre diecimila iscritti romani che ogni anno rinnovano volontariamente la loro fiducia al sindacato.
I sindacalisti e i volontari del Sunia ogni giorno nelle periferie romane ricevono minacce ed intimidazioni che fronteggiano solo col consenso e il supporto della cittadinanza, che vede nelle sedi sindacali l’ultimo presidio democratico in territori di frontiera, dove le istituzioni si limitano ad andare in corteo ad ogni vigilia elettorale.
La Angeli ignora evidentemente quanto la sindacalizzazione di un territorio sia inversamente proporzionale all’infiltrazione mafiosa, addirittura affermando con certezza come questa venga favorita da alcuni sindacati, che, a questo punto, siamo certi abbia denunciato.
La delegata della Sindaca (ma, caso ancor più grave, anche l’assessore alle politiche abitative Vivarelli, che dovrebbe avere una certa competenza di questa materia) dimostra inoltre di ignorare i contenuti della norma che lei stessa contesta (quella che consente ai legittimi assegnatari di una casa popolare di farsi rappresentare da una organizzazione sindacale), poiché la delega sindacale è consentita soltanto a chi in possesso di regolare assegnazione e non a chi ha occupato abusivamente un alloggio popolare (che in alcuni territori è sicuramente una delle attività lucrative nelle mani dei racket, ma verso i quali il Comune di Roma è passivo osservatore).