Reggio Emilia, 13 novembre 2024
L’accesso ad un alloggio di edilizia pubblica e sociale rappresenta un elemento indispensabile per migliorare il benessere di numerose famiglie a basso reddito e investite da processi di fragilità sociale.
Negli ultimi anni sono stati fatti alcuni significativi sforzi per riportare la “la casa pubblica” all’interno dell’agenda della politica. Anche il PNRR e i fondi complementari non hanno sottovalutato questo tema individuando risorse significative ma insufficienti per la realizzazione di interventi che coinvolgono a diverso titolo la dimensione abitativa. Ora è giunto il momento di fare un ulteriore salto di qualità promuovendo nuove misure e interventi finalizzati ad una piena valorizzazione dell’abitare pubblico, a favore delle persone e della qualità dell’ambiente in cui vivono.
Per questo lanciamo un appello a tutte le forze politiche e sociali perché prestino la dovuta attenzione ad alcuni temi che qui riportiamo sinteticamente:
1) l’impoverimento del settore dell’edilizia residenziale pubblica è un fatto sostanzialmente acclarato a partire dalla fine dei fondi Gescal. Sebbene si riscontrino differenze territoriali
significative, possiamo tranquillamente affermare che esiste una sproporzione evidente tra il numero degli aventi diritto ad una casa popolare e il numero degli alloggi disponibili per
l’assegnazione. La Regione Emilia-Romagna deve farsi promotrice di un piano nazionale per il rilancio dell’edilizia residenziale pubblica, e stanziando risorse proprie per il ripristino degli alloggi sfitti, sostenendo in questo modo i bisogni della popolazione più povera;
2) Il riconoscimento dell’Edilizia Residenziale Pubblica come Servizio di Interesse Generale (SIG) dovrebbe permettere di superare le difficoltà di accesso diretto e indiretto ai fondi Europei che nascono dal considerare il settore come ricompreso tra i servizi economici (SIEG);
3) È necessario pianificare una serie di azioni per promuovere l’abbattimento delle barriere architettoniche e in generale l’adattamento dell’ambiente domestico, contro ogni forma di
discriminazione nei confronti di soggetti disabili e fragili che sono sempre più numerosi all’interno dei comparti di edilizia residenziale pubblica;
4) le famiglie a bassissimo reddito che vivono nelle case popolari incontrano difficoltà a pagare il canone di locazione ma anche i servizi abitativi: è necessario potenziare i fondi economici di sostegno per chi incorre nella morosità cosiddetta “incolpevole”;
5) in relazione al punto che precede è necessario prevedere contributi economici a flusso continuo contro il “caro energia”, per le famiglie che risiedono in alloggi di edilizia popolare, tenuto conto dei livelli di reddito molto bassi che caratterizzano questo settore abitativo;
6) serve un piano straordinario di riqualificazione ed efficientamento energetico del patrimonio di edilizia residenziale pubblica, in linea con quanto previsto dall’Agenda 2030;
7) I quartieri di edilizia residenziale pubblica che sono stati un elemento qualificante nella costruzione delle città sono investiti da problematiche connesse ad un disagio sociale diffuso. Le situazioni di povertà economica e relazionale, le fragilità di tipo sociosanitario possono essere affrontate mediante gli strumenti di un welfare integrato e di prossimità che permetta l’attivazione di una gestione sociale degli immobili con la collaborazione di soggetti pubblici e privati. Le politiche abitative pubbliche sono già oggi chiamate a rivestire un ruolo di primo piano all’interno di progettualità “sociali” che prevedono un’attivazione individuale e collettiva degli abitanti, sulla base di una concezione multidimensionale dell’abitare come processo. L’edilizia residenziale pubblica può diventare uno strumento di coesione sociale soltanto se aumenterà la consapevolezza dell’importa di un approccio “relazionale” alle politiche per l’abitare pubblico.